Microclima negli ambienti di lavoro: di cosa si tratta e il dvr microclima
Cosa si intende per “Microclima”?
Si definisce “microclima” il complesso di fattori ambientali che caratterizzano l’ambiente in cui un individuo vive e lavora, e di fattori individuali, quali, per esempio, l’attività metabolica correlata al compito lavorativo e la resistenza termica del vestiario, determinata dalle caratteristiche dell’abbigliamento indossato. L’insieme di questi parametri condiziona gli scambi termici tra soggetto e ambiente circostante.
Pertanto, possiamo definire il microclima in ambienti di lavoro come il complesso di parametri fisici e individuali che determinano il benessere termico dei lavoratori permettendo l’avvenire dei cosiddetti scambi termici tra individuo e ambiente di lavoro
Quali possono essere i parametri fisici del microclima negli ambienti di lavoro?
Ricordiamo quattro principali parametri fisici del microclima:
- Temperatura dell’aria;
- Temperatura media radiante;
- Velocità dell’aria;
- Umidità relativa.
Quali possono essere i parametri individuali?
- Attività metabolica dell’individuo;
- Tipologia di abbigliamento;
- Tipologia di mansione svolta.
Problema del microclima e tipologie di ambiente
L’organismo umano è un sistema basato sulla termoregolazione, poiché è in grado di assorbire o cedere calore all’ambiente, grazie alla presenza dei vasi sanguigni. Le condizioni ambientali, però, non sempre consentono l’avvenire di questi scambi e, in caso di eccessivo caldo o freddo, il numero di vasi sanguigni funzionanti tendono ad aumentare oppure a diminuire.
Qualora l’organismo non abbia tempo a sufficienza per potersi adattare alla variazione termica, allora questo cambiamento può avere anche gravi conseguenze per la salute dell’individuo. Si parla in questo caso del problema del microclima sfavorevole negli ambienti di lavoro.
L’approccio al problema del microclima, la metodologia d’indagine e le relative norme di riferimento, dipendono dalla tipologia di ambiente termico in questione.
Per questo motivo gli ambienti termici vengono generalmente distinti in ambienti moderati e ambienti severi, a loro volta distinti in ambienti severi caldi e ambienti severi freddi.
Cosa avviene negli ambienti moderati?
In questa tipologia di ambienti, in genere, non sono presenti vincoli dettati da esigenze produttive tali da impedire un intervento di carattere tecnico, organizzativo o procedurale che possa rendere l’ambiente termico confortevole ai fini del miglior svolgimento delle attività.
Pertanto, quando si tratta di ambienti moderati, l’obiettivo da perseguire è il raggiungimento di una condizione di comfort.
Cosa avviene negli ambienti severi
Negli ambienti severi, invece, esiste generalmente un vincolo legato alle necessità produttive o alle condizioni ambientali che non consente di poter conseguire le condizioni di comfort.
In questo caso l’obiettivo da porsi è quello di salvaguardare salute e sicurezza dei lavoratori, dunque mantenere la temperatura centrale nei limiti fisiologici.
In tali ambienti, sarà dunque necessario tenere conto dei rischi legati all’esposizione di soggetti sensibili, con un’alterata capacità di termoregolazione fisiologica, come avviene nelle donne durante la gravidanza oppure in individui affetti da patologie preesistenti che possono alterare la percezione termica (ad esempio patologie dell’apparato cardiocircolatorio o del sistema endocrino) oppure che richiedono trattamento con farmaci che influiscono sul sistema di termoregolazione.
Nell’ambito lavorativo si stima che ci siano 2 lavoratori su 1000 a rischio a causa di questo agente.
I fattori discriminanti di rischio
Sono fattori discriminanti di rischio:
- l’abitudine a lavorare al caldo o al freddo;
- la consapevolezza del rischio;
- essere o meno in condizioni individuali di suscettibilità.
Infatti, è stato spesso riscontrato come i maggiori problemi interessino coloro che non sono abituati né fisicamente né psicologicamente ad affrontare il caldo e il freddo.
Certamente, un altro fattore chiave è anche la sottovalutazione del rischio microclimatico, spesso percepito come minore di quello reale, talvolta aggravato da un’eccessiva responsabilizzazione al dovere e/o motivazione.
Pertanto, i dipendenti a rischio devono essere informati sulle possibili misure da adottare per prevenire le conseguenze negative dell’esposizione a condizioni microclimatiche estreme.
Gli ambienti severi
Gli ambienti severi possono essere:
- ambienti severi caldi, in cui i lavoratori possono manifestare un aumento della sudorazione, tachicardia, un calo di attenzione e prontezza dei riflessi, difficoltà a svolgere attività fisiche pesanti. Inoltre, si possono osservare surriscaldamento cutaneo oppure anche scottature, spossatezza, nausea, mal di testa, vomito e perdita di coscienza.
- ambienti severi freddi, in cui i dipendenti possono accusare brividi ed effetti cutanei analoghi a scottature, ma possono anche riscontrare conseguenze quali trombosi, iperglicemia, intorpidimento delle estremità fino all’ipotermia, che può comportare assideramento e portare alla morte.
Ulteriori tipologie di ambienti termici
Gli ambienti termici possono essere ulteriormente distinti in:
- ambienti termicamente moderabili, in cui non ci sono ostacoli che possano pregiudicare il raggiungimento delle condizioni di equilibrio-termico,
- ambienti termicamente vincolati, ove troviamo vincoli di natura lavorativa e ambientale che ostacolano il raggiungimento delle condizioni di comfort.
Per essere più chiari, possono definirsi ambienti termicamente vincolati luoghi di lavoro come ad esempio le celle frigorifere in cui, per forza di cose, la temperatura deve essere bassa.
Il rischio microclimatico nei luoghi di lavoro
Il Microclima è riconosciuto come rischio fisico ed è trattato nel Titolo VIII del D.Lgs 81/2008. Pertanto, il datore di lavoro, avente l’obbligo di provvedere alla valutazione di ogni rischio per la salute e la sicurezza dei dipendenti, deve considerare anche l’esposizione al microclima di un ambiente, al fine di individuare e mettere in pratica le misure preventive e protettive più adeguate per ridurre tale rischio.
Negli ambienti moderati sarà sufficiente mantenere i parametri ambientali in uno stato ottimale, ma negli ambienti severi, in cui le condizioni microclimatiche potrebbero compromettere la salute del lavoratore, sarà opportuno e necessario applicare delle specifiche prassi per eliminare o limitare tali rischi, dunque adottare misure di prevenzione per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.
La valutazione del rischio microclima: come va eseguita
Una corretta valutazione delle condizioni climatiche esterne può prevenire rischi per i lavoratori causati da un ambiente di lavoro caratterizzato da condizioni climatiche sfavorevoli. Eventuali situazioni di disagio nei luoghi di lavoro dovute alle condizioni microclimatiche (temperatura, umidità, correnti e sbalzi d’aria) possono avere conseguenze negative sulla salute fisica e psicologica dei lavoratori e dunque anche sulla produttività.
Nella valutazione del microclima, il datore di lavoro, affiancato dal RSPP, dal Medico Competente e dal RLS, ricorre a c.d. “indici sintetici” (che esprimono in un unico valore tutti i parametri) confrontati con dati standard di riferimento previsti da norme tecniche.
Quando e con quali strumenti va effettuata la valutazione del rischio microclima ?
La valutazione del rischio microclima deve essere effettuata con strumenti certificati e tarati periodicamente, in grado di determinare con precisione le condizioni operative, ovvero di verificare l’efficienza e l’efficacia dei sistemi di condizionamento in funzione e l’utilità di interventi strutturali a seguito di nuove installazioni o ristrutturazioni.
La valutazione del microclima deve essere essere eseguita periodicamente e più precisamenteogni quattro anni.
Nello specifico, per gli ambienti moderati, sarebbe opportuno effettuare almeno due campagne di rilievi ogni quattro anni, durante la stagione invernale e quella estiva, per controllare il buon funzionamento degli impianti di riscaldamento e raffreddamento degli ambienti di lavoro.
Ricapitolando:
Secondo la normativa vigente la valutazione del microclima negli ambienti di lavoro va eseguita:
- con strumenti che siano certificati e tarati periodicamente, così da poter determinare con precisione le condizioni di rischio microclimatico in un ambiente di lavoro;
- con cadenza quadriennale, mediante la misurazione di parametri individuali ed ambientali;
- in almeno due diverse campagne (estate e inverno), soprattutto negli ambienti dove il microclima può essere controllato con sistemi di trattamento dell’aria.
A seguito della valutazione, verrà determinata la presenza di un eventuale rischio per i lavoratori e, dunque, individuate le misure da adottare per eliminare tale rischio.
Quali sono le procedure da mettere in atto a seguito della valutazione del microclima?
- progettare e pianificare i processi lavorativi in funzione della riduzione del rischio;
- ridurre la presenza dei fattori fisici nel luogo di lavoro, in compatibilità con la tipologia di lavoro svolta;
- ridurre al minimo indispensabile la durata e l’intensità dell’esposizione dei lavoratori;
- ridurre al minimo indispensabile il numero dei lavoratori potenzialmente esposti;
- provvedere alla formazione e all’informazione dei lavoratori;
- fornire attrezzature adeguate ai lavoratori.
Quali sono le misure di prevenzione e protezione possibili?
La qualità dell’aria nei luoghi di lavoro e le condizioni microclimatiche presenti possono costituire un pericoloso fattore di rischio.
L’esposizione ad un forte stress termico, se protratta per lungo tempo, può causare diversi malesseri fisici a carico di apparato respiratorio, muscolo-scheletrico e gastro-intestinale, con conseguenze anche gravi per l’organismo.
Il mancato controllo delle condizioni microclimatiche si può manifestare anche con la cosiddetta sindrome da edificio malato (o Sick Building Syndrome), ovvero una serie di problemi e disturbi fisici come mal di testa, difficoltà di concentrazione, irritazione degli occhi, infezioni respiratorie etc..
Tali conseguenze possono essere evitate controllando il microclima nei luoghi di lavoro, operando così per garantire le migliori condizioni possibili nell’ambito di sicurezza sul lavoro.
Tra le misure di prevenzione e protezione che la normativa prevede per ridurre il rischio microclimatico troviamo:
- Ricambio dell’aria naturale o meccanico dei locali chiusi di lavoro;
- Riduzione o aumento della ventilazione/aerazione e un fattore che deve essere valutato in base al disagio termico dei lavoratori;
- Diminuzione delle fonti di calore, evitando un eccessivo affollamento del luogo di lavoro;
- Regolazione dei parametri di temperatura ed umidità in conformità alla normativa;
- Manutenzione periodica degli impianti di aerazione e condizionamento.