Cos’è il rischio da movimenti ripetitivi e qual è la normativa di riferimento?
Il Titolo VI del D. Lgs. 81/2008, anche se non direttamente, menziona le operazioni che comportano dei movimenti ripetitivi degli arti superiori.
La manipolazione ad alta frequenza di strumenti con un peso modesto è considerato una tipologia particolare di movimentazione manuale dei carichi e può essere causa dell’insorgenza di varie patologie.
Tali attività fanno parte delle voci “… sollevare, deporre, […], spostare un carico”, che vengono citate nell’art. 167 del D. Lgs. 81/2008.
Negli articoli 167-170, invece, vengono introdotti il campo di applicazione, gli obblighi e le sanzioni a carico del datore di lavoro e le questioni relative a informazione, formazione e addestramento dei lavoratori.
Nell’Allegato XXXIII del D. Lgs. 81/08 sono elencati tutti i principi tecnici ai quali bisogna fare riferimento durante le fasi di progettazione e di gestione delle attività che implicano la presenza di rischi da movimenti ripetitivi e nell’identificazione di tutti i fattori di rischio e dei criteri di miglioramento. Vengono introdotti gli aspetti riguardanti la tipologia di carico e le caratteristiche dell’ambiente di lavoro, lo sforzo richiesto al lavoratore, le esigenze legate all’attività e i fattori individuali di rischio.
Va inoltre citata la norma UNI ISO 11228-3 come riferimento importante per la valutazione dei rischi connessi ad attività comportanti movimenti ripetitivi degli arti superiori.
Quale metodologia si utilizza per la valutazione del rischio movimenti ripetitivi?
La metodologia da adottare è quella prevista dall’utilizzo della check list OCRA.
L’indice OCRA è dato dal rapporto tra il numero delle azioni effettivamente svolte in un turno di lavoro ed il corrispondente numero di azioni raccomandate(tenuto conto dei diversi fattori di rischio). Tale indice è in grado non solo di identificare, con un unico valore finale, un rischio multifattoriale, ma anche di predire la probabilità di contrarre patologie muscolo scheletriche degli arti superiori per ogni livello di esposizione stimato.
Questa metodologia prende in considerazione i seguenti fattori di rischio:
- frequenza delle azioni,
- forza,
- posture incongrue,
- stereotipia,
- durata del compito ripetitivo,
- carenza di periodi di recupero
- elementi complementari.
La loro rilevanza è strettamente correlata alla durata dell’esposizione.
Frequenza e ripetitività. L’analisi della frequenza d’azione comporta la descrizione della frequenza delle azioni tecniche svolte dagli arti superiori durante lo svolgimento di un compito lavorativo (numero di azioni al minuto). Alte frequenze di azione (una o più azioni al secondo) risultano già di per sé pericolose anche in assenza degli altri fattori di rischio. Utilizzando una videoregistrazione al rallentatore o osservando direttamente il lavoratore, le azioni tecniche devono essere contate separatamente per l’arto superiore destro e sinistro
Forza. La forza rappresenta l’impegno necessario a compiere una determinata azione.
Lo sviluppo della forza, durante le azioni lavorative, può essere connesso alla movimentazione o al sostegno di oggetti e strumenti di lavoro o a mantenere una data postura di un segmento corporeo. La presenza di forza eccessiva anche a carico delle mani o delle sole dita, rappresenta una delle cause più precoci di insorgenza di malattie dei tendini.
Posture e movimenti. La descrizione delle posture e dei movimenti riguarda i seguenti principali segmenti: posizioni della mano, posizioni e movimenti del polso, movimenti del gomito, posizione e movimenti del braccio rispetto alla spalla. Una postura viene definita sovraccaricante quando l’escursione articolare supera il 50% del suo range, quando si protrae almeno 1/3 del tempo di ciclo oppure se le azioni si ripetono per più del 50% del tempo di ciclo.
Fattori complementari. Si tratta di una serie di fattori lavorativi che si presentano in modo più occasionale.Qualora presenti, tuttavia, vanno attentamente considerati in quanto possono svolgere un ruolo non secondario nel determinare il rischio.
Carenza dei tempi di recupero. Sono periodi di recupero quelli in cui c’è una sostanziale inattività dei gruppi muscolari altrimenti coinvolti in azioni lavorative comportanti movimenti ripetuti o movimenti in posizioni non neutrali di un segmento anatomico. Una buona distribuzione dei tempi di recupero (ad esempio più pause da 7/10 minuti in un turno, proporzionate al livello di rischio, oltre alla pausa mensa) è un efficace intervento di prevenzione dei disturbi e delle patologie muscolo-scheletriche degli arti superiori.
Quali sono gli obblighi del datore di lavoro?
Il datore di lavoro è tenuto ad evitare, se possibile, lo svolgimento di tali operazioni; se ciò non fosse possibile, egli deve adottare le misure organizzative necessarie e introdurre i mezzi di protezione appropriati per ridurre i rischi e portarli, quindi, a livelli alla soglia dell tollerabilità. In particolare, i posti di lavoro devono essere organizzati in modo da assicurare condizioni di salute e sicurezza; tutte le misure di miglioramento devono essere previste già nella fase di progettazione dell’attività, che deve rispondere a determinati criteri ergonomici ancora prima dell’avvio della stessa.
L’Inail ha messo a disposizione delle schede di analisi del rischio da movimenti ripetitivi, scarica